25/12/11

Volo di notte

25/12/11
Profilo dei rami di monti che scendono al mare
netto e bellissimo
e il bosco che brucia
illumina il cielo amaranto.
Anche il dolore, da lontano,
può essere dolce al tramonto.
In riga, con gli altri disoccupati,
guarderemo il tempo che passa passandoci birre l'un l'altro
e i giornali dei giorni passati.
E solo chi ha
il tempo di stupirsi si salverà.
Perchè non serve rubare gioielli
che mai porteresti.
Ma io da stanotte, che forse soltanto
ho sorriso un po' più, che forse davvero
non merito il dono,
ho al collo un aereo per volare via
con un battito di ciglia
il bagaglio leggero.
A esplorare il cielo immenso.

05/12/11

Epitaffio momentaneo

05/12/11
Mi sporgo
dalla murata di cielo a babordo
e mi specchio
sul fondo petroso
d'un mare sgangherato.
Ho la faccia
scordata che avevo
appena imbarcato.

Due tempi

Ti hanno fatto un contratto a progetto
per questo non trovi ogni sera
il complemento oggetto per chiudere il cerchio
la frase del giorno che resta sospesa
come scarpe sul cavo dell'alta tensione
e non puoi camminare.
Potrei elencarti milioni di gesti
che vivono in te
nel riflesso di un piatto sbeccato
di un davanzale innevato e son attimi
di vita vera.
Sarebbe poesia minimale e sincera
e forse in rima baciata
s'inceppa soltanto la ritmica
se non ti concedi all'abbrivo
del rotolar giù fino a valle
se vuoi tatuarti la pelle
di costellazioni e non
invocare le stelle cadenti
con sogni inespressi e con
tuttalpiù.

Dal giorno in cui scopristi
che dentro al blackout
ci sono più stelle
"fluttuando s'arenan parole sui denti
alla soglia del mare del suono
frastuono che sembra tempesta
di foglie autunnalli
eppure si spicca al di là
un barbaglio di stella cometa
un lume che spacca il candore
d'un bianco che tutto lo spettro
lo tiene per sè
e seppur cigolando catene
leggero cammina un mandala
e sei tu
finalmente che hai preso colore
incantato e consapevole
seguendo parnassius mnemosyne
in volo lucente"
ti arrampichi sempre più in su
per sfuggire alla luce dei neon di città
e sposare la tua.

Aiuola

Strano è capitalizzare il dolore
nel croccante fragore di un'alba indecente
spuntata così
come caramello sul banco di scuola
bruciando lo zucchero
come un'aiuola fiorita
spartitraffico indolente
nel mezzo di un'autostrada.

10/10/11

Casa

10/10/11
Passando le ore a giocare le ombre cinesi
sul muro di casa cercando gli odori di donne passate di qua.
Le storie di bestie e fantasmi e gatti di streghe
le voglie di un bicchiere di latte caldo prima di spegnere la luce
è lì la mia casa.

La casa, cos'è? Il non luogo che afferra i ricordi, il cumulo spesso di mobili ikea impiallacciati
montati da sè in pomeriggi sudati, la scatola del buonumore
il carrion della felicità che si apre soltanto per noi.
La casa davvero non ce la scegliamo e spesso non s'apre così con festoni e posate d'argento
ma è fatica e ferite e lotte sbagliate.
Perchè se ti resta soltanto il carrion a suonare nel buio frastuono di casa in rovina
non sai più staccartene e diventi tu quella ballerina che sempre ripete le solite mosse sull'onda di una calamita.

Non puoi sempre stare in vacanza, perciò
se il respiro t'avanza nel buio di un corridoio una notte di temporale
è quello il flash che ti postera sulla parete, è l'odore che lasci nell'aria
è quel libro che resterà aperto e per quanto ancora non so, ma lo finirò.

Rivolta d'amore

Sul fondo della propria precarietà sentimentale
è lì che s'agita il fantasma anarchico della rivolta
della libertà
della disperazione
delle urla sotto casa e dei pianti sottintesi, attesi e liberatori e inespressi
lacrime discrete
discretamente salate
ballate sudicie come un pozzo di sentina della nave naufraga
dei nostri domani indecenti e senza luce.
La rabbia dei cortei, dei cortili
il fumo delle malboro che fa da contraltare assurdo agli arcobaleni
eppure
da qualche parte bisogna pur cominciare
in qualche modo bisogna pur palpitare d'amore
e poco importa se le cosce sono part-time.
Eri d'un altro uomo
o non sei più mia, che importa. Sei come la signorina libertà, che c'è concessa soltanto
di tanto in tanto
come un fiore notturno ed io
spegnerei il sole per vederlo. Ti rapirei.
Le tribune televisive, le prigioni dei centri commerciali, le discoteche fast-food
questa notte, dove sei tu?
C'è nell'aria odore di rivolta, c'è nell'aria una trasformazione che non sai
dove porterà. C'è la classe operaia
c'è la classe precaria
c'è l'esercito d'amore a rate, d'amore immaginato, postdatato.
Ci sono pietre che volano, bandiere che sventolano e sanguinano,
chitarre e tastiere di pc. Ci sono io che urlo slogan
e urlo che
ti vorrei almeno un po' per me.
Seduto in fronte a te al ristorante o in coda senza soldi tra la gente,
il sole sugli scogli di levante o in cerca di un futuro concludente.
C'è stato un mondo in cui si poteva sognare, ci furono notti con te senza sonno per scelta.
La rivolta è l'amore, la lotta e il sangue.

18/07/11

Baciata, quasi

18/07/11
E stentata la pioggia si spiaccica sulla ginestra.
Tu che resti affacciata per poco alla tua finestra.
E salutami quelle farfalle che vedi girare.
Mentre io son rimasto un po' a galla che sembro nuotare.
Spalanca i tuoi occhi imbrattati ancora una volta
i tuoi occhi che sembran lampioni di una strada lunga
che mi porta sognando ogni notte a vagare lontano
da te che non mi ami ma intanto mi tendi la mano.

Come faccio ancora una volta a arrendermi amore?
come faccio se il vento mi porta soltanto il rancore
il dolore dei gatti randagi e di quelli scappati
punteggiato di malinconie e appetiti voraci
la mattina appena mi sveglio in questa casetta
già lo sento il rumore del treno che va e non aspetta.
Hai presente viaggiare ogni giorno come i pendolari?
Mi avvicino al tuo cuore e tu subito ti riallontani.
Ti concedi ogni tanto una intrepida gita in collina
passeggiando sulle palme aperte finchè fa mattina
conti i passi calpesti le linee della mia vita
quando arrivi sul bordo saluti e sai che è finita.

13/06/11

Romanza

13/06/11
Leggeva un romanzo
sudamericano
ragazza in gamba
sotto l'ombrellone
e come potevo non sognarla
come potevo già capire
che si sarebbe alzata
alla fine del romanzo?
Son sempre stati più romantici
gli angoli piegati
dei segnalibri.
Ho perso il segno
tutti i giorni
e tutti i giorni ricomincio
da quel po' che mi ricordo.
E se non ti va di tornare
indietro a leggere
pagine leggere e volanti
che fai?
Te le inventi?
Ma la ragazza in gamba
sotto l'ombrellone
non scostò gli occhi
che un istante:
nello squarcio di quegli anni
d'uno sguardo incrociato
ci scrivemmo il nostro libro.
E il vento ora
lo sfoglia leggero e lo insabbia nel sole.

04/06/11

Farfalla in picchiata

04/06/11
Farfalla fosforescente
rapente il suo volo sull'acqua
d'oblii come spiagge attrezzate affollate
e ti chiedi il perchè della sua traiettora
complessa ed assurda.
Perchè quel che importa è il motivo
e non l'obiettivo
che puoi
stra-vagar senza meta soltanto perchè
è il tuo piacere
se scordi il motivo però
non risuona più la melodia
e ti senti affogare nel nero
fosforescente
rapente di una picchiata
inevitabile e lenta.

09/05/11

Alba

09/05/11
Le albe fabbricate accidentalmente come piega degli eventi in riva al mare
spalancando fino in fondo le nostre bocche affamate di smog sentimentale
multimediale era l'amore affascinato dai promoter in tivù, se non ci sei attorno al fuoco dove dormi tu?
Ma tu eri di un altro uomo ed io passeggiavo in piazza Duomo in attesa degli eventi.
C'era un corteo di neofascisti in reggipetto e cinesi che vendevano borsette contraffatte,
cappelloni che facevano ritratti a pagamento, c'eran morti sul cemento delle case popolari.
Che cos'è quest'accozzaglia di parole? Sei lo specchio di un amore senza nome, fluttuante e intraprendente
io non sono se non scappo tra la gente per nascondermi agli stormi di gabbiani appollaiati sui guardrail. Sei la storia che non riesco a raccontare, che mi pulsa tra le mani
che domani non sarai se non nei sogni affusolati che confondo sempre più con la realtà.
La realtà che è qui davanti, il mio paese non mi piace e non vorrei
ma non trovo più un motivo per restare
se non tu ed io un'altra notte
a fabbricare un'altra alba, un altro giorno da ricordare.

28/03/11

Precari ricordi

28/03/11
I biglietti che nascondevo nei cassetti del comodino
ti spuntavano stupiti come il sole del mattino.
La mattina in riva al lago che respiravamo nebbia
l'aria fradicia lavava i segni della notte
e ti lasciavo solamente per appendere arcobaleni
a inferriate di balconi
con amici un po' ubriachi.
Le coperte aggrovigliate raccoglievano la neve dei parchi addormentati
dei sogni in cantiere
lo stupore dei passanti alla stazione del metro, fanno jogging
la mattina trascinando valigette
esaurite le pastiglie per dormire
ogni sera puntualmente a partire dalle sette.
Se gli amori clandestini non ci basteranno più
se gli aerei che bombardano non ci fregano più
le scatole dei trucchi come per magia ringiovaniscono la pelle
sei più bella e così sia

Era gitano il violino che suonava in galleria sotto il viso di un bambino
quando sei andata via
lungo la strada maestra che ci ha insegnato che i chilometri varranno
sempre molto più dei giorni.
Resteremo precariato che fa la fila in posta
mi addormenterò ogni notte stringendo le bollette
e la mattina
caffelatte e dopamina.
E non servirà la pulizia
non servirà la polizia.

I bigliettini, dentro ai vasetti dello zucchero.
E guarderemo le bombe che esplodono nel mare e i missili che illuminano stanze in controluce
non perdoneremo
tutto il tempo sprecato
ci rifugeremo nel bunker del nostro precariato
e nella lavatrice i ricordi macchiati
sbiadiranno nel cestello a forza di lavarli
come quando adolescente dimentichi nei jeans
il foglietto col rossetto
che t'ha regalato ieri.
E non li laverò mai più
e non li scriverò mai più
nel precario equlibrio di un filosofo in tivù.

01/03/11

Non noi

01/03/11
E ci raccontiamo
quello che non è mai successo.
Ci distraiamo pensando alle notti pulite
che scacciano i guai.
Ma noi quella storia
non l'abbiamo vissuta
parole che non ci siamo detti mai,
s'increspa nel sole l'accento di un nome
di una filastrocca che non canterai.

Perchè quel che ci hanno lasciato
è il grigiofumo di fabbriche spente
talenti incolori innalzati a bandiere
quintali di nuvole sulle candele.
Ci restano i sogni nascosti negli occhi
sprofondano gli echi in cuscini lontani
appesi a ringhiere siam come due stracci
cadremo per sempre e senza svolazzi.
Che il tempo ci resta per stare a guardare
geranei appassiti scacciare zanzare
in notti affollate di sangue scambiato
nelle trasfusioni di cuori ammaccati.

Raccontami ancora una volta
ragazza, l'amore che hai sempre sognato
finchè ti han mostrato la tessera punti
con cui puoi comprartelo al supermercato.
Le aziende che chiudono e che ci licenziano
andremo anche noi a scavare le fosse
faremo mandala di tutti gli assegni scoperti
o andremo a giocare alle Brigate Rosse?

Se i deserti che avanzano
ci chiudono in casa
faremo due passi al sole in veranda
coi poster degli alberi a farci un po' d'ombra
ascoltando le nostre aritmie e
uscendo soltanto se esplode una bomba.
Le bombe sui treni non vendono più
copertine di lusso e le morti bianche
non urlano più sui campi della serie A.

Nuotiamo nel nero petrolio di una Riviera
che inaspettata ci viene in soccorso con gli echi del fumo delle sigarette
che non fumeremo mai perchè fanno tossire
e per favorire i trapianti
vogliamo morire sani.

28/02/11

Non c'è più campo

28/02/11
I treni brutti dai pavimenti consunti e il linoleum è amico mio
il pavimento degli ospedali, cattedrali
con vista mare a un osso rotto per metro quadro.
Non avremo da mangiare nelle notti a passeggiare stusciandoci
contro serrande abbassate sui nostri occhi gonfi di lacrimogeni e ilarità.
Appesi ai pali della luce, come stracci come bandiere
i nostri sogni sventoleranno fra le cambiali
nell'ufficio degli oggetti smarriti all'aeroporto Domodedovo.
Ed ex novo troveremo il modo
di sorprenderci con poco più di uno stuzzicadenti.
Che ci parliamo lungo gomitoli stendendoli per chilometri
che non ci bastano le strade e ci ascoltiamo
con l'orecchio nel bicchiere di plastica dei nostri compleanni elementari
con il nome in pennarello e quello dell'amico che non ricordo più.
E già ce lo diceva PPP che sarebbero cresciuti
ciclamini sui confini
sulle linee gotiche delle fabbriche dismesse
della nostra resistenza interrotta per mancanza del nemico
fuoco amico fra di noi
che quei gomitoli ha bruciato.
Non mi rispondi più
non c'è più campo,
non c'è più tempo.

02/02/11

Come se

02/02/11
Perduto nel parcheggio sotto casa non trovo più l'imbocco della scala
sotto il cielo assassinato di città, c'è la sagoma di un abbraccio piovoso
un pomeriggio ventoso che sapeva di aldilà.
I vecchi che si scaldano nei centri commerciali sono più felici di te perchè nulla cambierà e il rumore delle scale elettriche li accompagna come musica soave come valzer nelle sagre che io non so ballare.
Ti parlo, come se fossi ancora qua, dei miei occhi. Delle mie calze nuove. Dei giochi pirotecnici nel sonno delle tre.
Avanti. Passa una cometa: è ossido di carbonio che esce dai tubi di scarico dei sogni andati a troie e fa piovere le lacrime a dirotto.
Nei giorni di domani dicono in tv che tornerà il sole. Ed io sarò in miniera a rompermi la schiena per scavare nel filone esaurito dei miei perchè.

Che tu sia il benvenuto

Mi hai chiesto come sto dove stiamo andando, se abbiamo uno scopo o una destinazione.
Io vedevo solamente nuvole nere di pioggie antiche che si illuminavano a ritroso nei tuoi occhi e ho voluto andare avanti.
Che se torniamo indietro ci riprenderanno tutti, ci richiederanno tutto il contenuto dei tuoi sogni e dei nostri ricordi ed è per questo che anche se lontani proseguiamo.
Per avere cinquecentomila lire bisognava lavorare duramente cento ore a settimana
erano tempi in cui suonava la campana per qualche sconosciuto dissidente.
Son rimasto qui a guardare i ragni che tessevano maglioni per le mosche infreddolite
a guardare le tue spalle rattrappite dentro a quel cappotto viola che hai comprato tempo fa. E non si sa non si sa mai che tempo fa.
Non è come il deserto, le case hanno oscurato la città e il loro Partenone.
Sono rimasti lì tutti gli amici tra volanti che ululavano alle fermate degli autobus, sequestrandogli cartine topografiche autografate, permessi di soggiorno in povertà; protestavano la redistribuzione equa dei sogni nel cassetto, mentre i tuoi occhi messi all'asta avrei voluto ricomprarli per almeno un'altra notte ancora.
Ai tempi dei giardini zoologici e delle fortezze visitate nelle gite scolastiche
dimmi: dove stavamo andando se non qui e ci siamo scambiati gli indirizzi delle case che non abbiamo, con i terremotati e i profughi ingannati: ma forse il nostro viaggio non è ancora finito e possiamo rimediare.
Intanto abbracciami e spalancami i tuoi armadi pieni di pupazzi e di candele consumate profumate e vediamo come possiamo stringerci e travestirci da ubriaconi per sfuggire ai sensi di colpa.
Era un senso malinteso di futuro, ci restano iniezioni di bromuro e psicofarmaci in galera, o notti in pattumiere macilente e non è divertente ricordare i tuoi occhi su di me visti da qua dentro ai lampioni che mi piovon sulla faccia. Mi resta poca forza nelle braccia per far breccia nella disperazione di notti aggrappate ad un furgone.

Signorina Fantasia

Le nostre ore vendute a poco più di
sei euro l'una, parcheggiate sui soffitti illuminati da fiammiferi caduti
dalle nostre mani bruciate
bucate
ferite come stimmati che santificano i destini dei disoccupati
nelle piazze addormentati
mentre il circo che si sveglia e che si sposta e che smonta
e rimonta la sua tenda abbandonando dietro a sè
una scia di nuvole nere
passeggere inconcludenti.
Ed i nostri destini racchiusi nel chiarore degli orgasmi consumati tra gli scarichi delle auto
parcheggiate le nostre lunghe nottate apparecchiate di saggezze e di pensieri inconcludenti
dentro il fiato che condensa appena uscito dalle porte delle labbra rivediamo
i nostri corpi che s'abbracciano e siamo irrimediabilmente sempre soli
come vedove sull'uscio
ad aspettare il nostro amore di futuro che non torna.
Piovon su di noi cascate immacolate di punti interrogativi e virgole scordate
ed errori rossi e blu
ed i punti che troviamo sono quelli rabberciati delle nostre cicatrici
tatuate come autografi di star che hanno fallito la bellezza delle cose
ci incantiamo con gli avanzi di robotiche città da cui fuggiamo solamente per tornare a rivederle
come lucciole dall'alto di colline sopra i golfi che si aprono ed il mare che ci invita
è sempre buio e si muove anche di notte
indoviniamo nuove rotte per salvarci dai naufragi di bottiglie che si spiaggiano e nessuno leggerà
ma questa pioggia tra gli ulivi mi stellifica il ricordo del suo volto sorridente
giovinezza andata via cancellata nel presente di una crepa sul soffitto
di un accordo tra operai che si scannano al fischio del padrone e sopravvivono
resta l'eco nell'androne di un palazzo che tra poco crollerà e saremo lì
a leccarci la calce di ferite tra macerie sanguinose.
Se potessi scappare con te
se potessi fare la rivoluzione.

03/01/11

New year (happy)

03/01/11
C'era
il solco delle tue gambe in cui rifugiarsi
il materasso ha già perso la forma
mi resta l'odore.
Buon anno ti dicono in piazza
ed alla tv buon anno
mi dici anche tu
salutando.

Signorino futuro guardando negli occhi lucenti di mille palazzi
nei fuochi dei tanti falò che per aria riluciono e bruciano e sanno di eroi consumati,
fino all'alba di stomaci abnormi
di voci assurde
epifanie di ubriachi che scopano buche d'asfalto
che allargan le gambe ai buoni propositi già violentati anni fa,
aspettando che anche domani si porti già via quel po' di onestà che uccidiamo
ogni giorno anche in noi
accendendoci sigarette di sogni rubati bruciati ad un palmo dal naso
guardando la cenere rossa e odiando l'odore di morte che fa,
salutando il mattino di quest'anno nuovo con un cappuccino raffermo di
schiume d'amori avariati gonfiati soffiati
lontano nell'aria che immobile assorbe ogni brutta escrescenza di noi,
dimmi: cosa vedi?

Da oggi e per quindici giorni
indosso di nuovo gli occhiali.
Crudele è tornare a vedere lontano
quando non c'è più niente da amare.

Signor anno nuovo ascoltando promesse dei pazzi
stappando bottiglie dei nostri ricordi e brindando ai favori e ai nottambuli morti,
vedendo che qui ce ne stiamo addossati
ai recinti dei topi d'annata dei visi di cera,
che c'era
un domani lontano fintanto che eri bambino,
e i nostri eroi di gioventù muoiono uno ad uno
o imborghesiscono e non sanno invecchiare,
se senti bruciare
candele d'amplessi che sciolgono lente le nostre ipotetiche virtù
ed i vizi capitali nessuno li usa più,
se i buoni propositi intasano cessi e tombini
come aborti spontanei,
dimmi: che ci fai qui?

Se comincio a contarti i capelli
tra un anno sarò ancora qua.
Il mio primo capello bianco è arrivato,
è bello invecchiare così da neonato.

Signorina speranza a lei do del lei.
E non domando nulla, che se risponde è già morta.
Perchè l'ignoranza è la sua proprietà.
Lei non sa nulla ed io sto con lei.
Mi piace pensare che quello che sogno
lo sa.

Rapsodia ferroviaria

C'era la luce scintillante della Neva nei tuoi occhi
c'eran salotti e ristoranti per scaldarci
ed alcove incandescenti per amarci
pellegrini sulle orme di Raskolnikov
oh compagno Feodor che cantasti dei nostri viaggi e miserie già
secoli fa.

E poi lui che aspettava imbalsamato ed abbracciò la mia solitudine fredda
di una notte con le dita congelate nella piazza
ed io scrivevo a un'ombra che era lì come sempre e mi danzava attorno.
C'erano grigio e cemento
c'erano sangue e lamento risuonante
nel rimbombo scalpicciare di albe e sol levanti
e sogni ritardatari che ti svegli ed è già tardi.
E ferro e legno ed il suono delle traversine che fa
tu tun tu tun
tu tun tu tun
tu tun tu tun
che mi culla e mi sorveglia che mi dondola i pensieri e che attorciglia
le budella del fragore che fa
avvertire la distanza nei chilometri che passano e allontanano e avvicinano.
Come anime incastrate in un pacco di sardine
di lamiera e luce il serpente che va e nel nulla non perde la strada
il binario rimbomba e il mio cuore galleggia e fa
tu tun
tu tun.

Ferrovetro e cemento si innalzano
è un Moloch che è fatto di sogni e li inghiotte e li mastica
è fatto di sangue e di fango che riempie i letti dei fiumi più lunghi del mondo
Volga Yenisey Amur Ussuri
arterie malate che nebbiano e girano in tondo.
Ed ora che è nell'aldilà che gli resta? Soltanto un buio ed un treno normale che va
sempre dritto e non ferma non si fermerà a raccogliere i sogni
di taighe malate di gelo
un Moloch ancor più crudele che ignora
doni e fedeli calpesta con passo pesante che fa
tu tun
tu tun.

Ed io.
Nel mezzo del nulla del freddo e del ghiaccio
mi affido ai ricordi lontani che tornano a passo di marcia portati dal vento nel vento leggeri
i pensieri non pesano e quelle che vedi son lacrime che stavano là ad aspettami
da troppo e quassù fra le rocce che furon di amanti e sciamani
mi tornano insieme alle voci lasciate a metà
e mi avvolgono grandine e vento e gli devo sfuggire nella barca insabbiata di un'epoca fa.
Nel buio della camminata notturna
ubriaco di vodka e di cielo
non voglio morire è il mio solo pensiero e il mio rito si concluderà
nel sudario del letto il sudore che sgorga abbandona le mie impurità
i conti in sospeso li ho chiusi e dormo nel caldo pensiero di rossa coperta
il tuo viso mi guarda e il mio cuore risponde col suono che ami e che fa
tu tun
tu tun.

Quante vite ho vissuto ogni viaggio
la bolla che dentro il vagone ti avvolge è un pianeta che caldo attraversa le sponde ghiacciate
d'immobili fiumi nel sonno di un bianco nitore
che ammorba e rilassa e ipnotizza e mi salva
il mio amico Roman
che mi pizzica e gioca con me
ed anche se non ci capiamo sa tutto di me e perciò mi tormenta non mi lascia stare
non lascia che il treno mi porti con sè dentro il limbo di anime andate
nel tempo che batte e che fa
tu tun
tu tun.

E poi statue rivolte al futuro e deserti e guardie
e odore di pesce e di smog
di sudore dei freni
del ghiaccio e del the
e rifiuti coperti da fango e da nuovi grattacieli colorati
armati di tutto punto in posa per i giapponesi nemici di un tempo che fu
i monumenti che inneggiano ai morti ed il sangue che ancora non secca
sparisce ogni ombra passata alla luce dei flash
modernità apotropaica che tutto ricopre e guarisce
e soltanto chi resta nel buio capisce che forma e colore non sono gli stessi
ma inganno e dolore son sempre più grossi.

E qui
c'è tutta l'acqua del mondo e tutto il buio
e il dolore e la vodka ed il chiasso ed i sogni irradiati da qua
e la morte sepolta a migliaia nel fango ghiacciato che guardo
non è altro che il mondo che va e che osserva ma sempre
al caldo e dietro al finestrino.
C'è un gioco e c'è un bambino
e c'è un sogno cullato tu tun
che riscatta il mio culo immobile e sazio
e mi porta leggiadro cadendo tu tun
più leggero a salpare dal molo
a solcare la baia del Corno
a tornare da te che mi aspetti
invecchiato cent'anni
cent'anni di storia e memoria
pellegrino di sogni speranze e ricordi
conquistato il far est
vita mia tu m'accogli
e raccogli i miei sogni ed li culli al suono del treno che a casa mi porta e che fa
tu tun
tu tun.

Rapsiodia nera

Lo sbuffo che fa il motore nell'estatica attesa noiosa che pesa
è come il saluto d'un amico che fu
che non rivedevi più e chissà da quanto
e sei pronto a partire
sei pronto anche a morire
e lo sai che dove stai andando puoi lasciarci il corpo o l'anima soltanto
e non tornerai indietro festeggiando
nè cantando
che è la vita e la morte che vai a trovare.

E facce e scheletri e denti bianchi e fango
e amore amore amore che li illumina soltanto
e non li ciba
la sfida dell'oggi al domani è quel che ti insegna
ti insegna a mangiare per terra
a giocare alla guerra
quell'uomo che guida
quell'uomo in divisa che spara anche a te.

Scivolavamo sobbalzavamo tremavamo
e tu con noi, che aspettavi la pensione ed invece sei rinata
che morivi in santa pace
e ora ti ammacchi e sputi pece.

Di notte ti paiono stelle che nera è la pelle che cade nel buio
e non vedi
ma solo le mille candele e i carretti e le lampadine
i passi di mille bambine che anche nel sonno non mi tolgo più da davanti
e sento le urla gli insulti i cadeau gli eccessi
che non scordi più
risento
quei canti sommessi
corano, le sure a memoria
o bibbie o erotica storia di un mondo che fu
e che annega e si nega e si soffoca nel cellophane.

Non sai a chi chidere scusa
e vedi quel folle gioire
di vita delusa.

Il caldo una notte laggiù
credevo uccidesse
non volevo partire mai più
risalire soffrire volevo soltanto sciogliermi anch'io e volare
evaporare nel vento del caldo africano
tornare lontano da lì e ignorare di esserci stato.
Perchè tra coperte e pistoni
e fughe e rincorse e assurdi autrogrill che ti vendono mais
o carne d'alieno di sabbia impanato
e spinte e bestemmie che stai impantanato
e bimbi che ridono e giocano perchè l'uomo bianco sei tu
tra puttane e palloni e tazze di the che san di radice
c'è una cicatrice annerita che è in te e lì resterà a dolerti,
ma solo a metà.

Quanto sangue
hanno visto i tuoi fiumi?
Quanti baci
han cullato i tuoi lumi?
Le tue urla strazianti nessuno può starle a sentire
io devo partire
ed è ora, il treno che parte s'annuncia
foreste e cascate
sudore di vite rubate
baraccopoli e furti già in vista
mi chiudo nel nulla e ti lascio
l'aero già solca la pista.

Rapsodia tanghera

Sta nel titolo, la tristezza del mondo
e tu, coi tuoi passi,
puoi solo declinarla
in nostalgia.
Gelosia di un domani all'oscuro
sicuro sparire scendendo dal bus
dove vai nella notte
lo sai solo tu.

Argentina suonava
la voce nel canto dei ghiacci
che rompono e urlano e tuffano e nuotano
a sud
a sud
sempre più a sud.

Potete immaginare lo stupore di quella canaglia di cane d'un marinaio
quando scoprì dopo tanto urlare e morire sette vite ancora
quell'oceano di silenzio.
Ed io galleggio nel mercurio, a passo di danza fra foche e trichechi
e non penso che ieri
ne fossi capace:
è il mio sangue mutato o il suolo che suona fatato?

E poi la tua voce laggiù, aggrappato al telefono fra occhi curiosi
è il vento del sud che mi fa lacrimare o sei tu
la tua voce argentina
che arriva in ritardo e da tanto lontano
non riesco a aspettarla
tanghero maldestro ti pesto le note
le sillabe non riesco a slanciare si incastrano in gola
mi fanno un po' male.

Son qua finalmente, li vedo i guanacos che saltano lungo la linea infinita d'asfalto e sembra
che inseguano nubi immobili e basse ma sempre lontane
non sali lassù
se non t'avventuri e non provi una volta a morire anche tu.

Che idea
provare a morire
in bicicletta impazzita
ti sfugge la vita
tanghero anche tu stai sull'orlo ed è
nostalgia che ti fa tirar via un attimo prima
del bacio
o del precipizio.

Nel bianco di vite rubate
e volti coperti
e pelli straziate
e schiene spezzate
è sempre il momento giusto
per stupirsi
o per morire.
C'è sangue e lo vedi
e ne coli anche tu sulle pietre che calchi
poi guardi laggiù e vedi
è la madre di ogni perduta città
beltà e viltà s'attorcigliano in danze ed è un tango
o un funebre fandango?

Ancora le note
di notte ritornano ed è come se tu
mon amì d'Exupery
volassi ancora una volta come ti vidi tra le nuvole un dì
di fatica e foschia e canti d'amore di periferia
e il mio zaino postale che vola con te
di rotta in rotta rovesciassi su me
nel tuo ultimo volo.