09/10/10

Luna

09/10/10
Non pensare
sia facile per me
distrarmi e aspettare e prendere botte
e cotte
le costole rotte mi fanno affannare
è per questo che devo partire.
Affacciato al finestrino
respirare.

Scappo? Può darsi. O soltanto
è un momento che passo di qua
se pensi alle fasi lunari
ed è giusto così.
Di notte dorme la città
in attesa di albe liberatorie e rassicuranti
ingannevoli come lo speaker del mattino e gli sketch alla tivù.
Che ti importa della Luna?
T'affacci ed è lì, poi anche tu
t'acciottoli e dormi e non sai.

Uscivo dai concerti, ieri, anni, una vita fa.
Avevo fame, aspettavo e dormivo in macchina sotto una casa che non era la mia.
Poi sonnambulo vagavo per spiagge deserte. Ricordo l'odore di legna bagnata, il circo cha ha chiuso e abbandona macerie.
E dal troppo guardare la Luna, quelle notti, son diventato lei.

La Luna nascosta
rispunta
c'è un ponte di luce sul mare che puoi calpestare
gettare laggiù le cose pesanti
tornare leggero al tuo letto sognante.

Non devi pensare che questo sia triste. Fa il suo giro e t'aspetta le notti in cui sonno e sogni non bastano più, fino all'alba.

Tre pastiglie

A quel tempo i saggi stavano al banco dell'osteria
da sempre ripetendo, già morti, la litania del carpe diem e a me
non ancora nato e già raccontavano e
parlavano di treni mai presi e mari mai navigati.

Ho avuto tre mal di testa consecutivi
e per ciascuno d'essi una pastiglia da ingoiare.
La prima mi ha portato in verdi oceani ad affondare
e ricordare
d'esserci già stato.
Con la seconda fui sulle rotaie
appesantite di gelo e detriti
e cadaveri dei cercatori d'oro senza gloria del Klondike.
Con la terza mi trovai al banco
dell'osteria
come se, mai nato, mai mi fossi mosso
e raccontavo di mari mai navigati e treni mai presi
ai vecchi saggi nati lì
da sempre
che già sapevano.

Che la poesia non è in fondo
non è stazione
non è abisso
è mare
e rotaia
e banco dell'osteria.

E se le strade non si dipanano
e restano spaghi aggrovigliati
non mi va di aspettare nel freddo
tra quelli che dicono
io sono Qualcosa.

01/10/10

Crepuscolo

01/10/10
Che hanno le strade?
Si sono ritorte, contorte le frasi non so decifrare il segnale che viene da te.
Sotto l'alone del lampione del tuo abbraccio
taccio.
Silenziosamente s'insinua il sapor di un Crodino
è l'aperitivo di un mondo che non mi ubriaca più.
Che intendi fare?
Mi pare di stare lassù nel palchetto
la lirica canta e mi piace ma senza il libretto non riesco a capire
a carpire il segreto, ho il divieto di farmi domande e il timore di darmi risposte
mi voglio fermare ma trovo un divieto di sosta.

La goccia che scivola lenta sulla porcellana
sfavilla un diadema al centro della tua collana.

C'è odore di foglie cadute
di strade perdute.
La nebbia è soltanto un ostacolo ormai
non stellifica più di riflessi argentati istinti fatati
che restano bui.

Piano scordato

C'era un pianoforte, in mezzo alla stanza.
L'ho scordato e non ricordo più come si fa, non so più suonare.
E tu? Ricordi quel vago odore di muffa dolciastra che torturava il tuo naso sempre freddo?
In fondo è lo stesso odore che fa la sabbia in riva al mare, qualche minuto appena, dopo il temporale.

Sei caduto in piedi anche tu, come loro? O, simile a me, ti ritrovi appallottolato ad attendere il mistral che ci scorterà, lentamente, nell'aldilà?

Ci fu un periodo, non molto lontano in cui vagavo, vagavamo, svagati tra i comdomini di piazza dei fiori e ai concerti alle feste dell'unità si sa
che c'era allora attesa spasmodica di un dì da scoprire e aprivamo i nostri giorni
bambini a natale scenario usuale soltanto
una volta all'anno e ci siamo giocati, ogni giorno, i regali di sempre.
Ci resta una scatola vuota e nastri e cartacce colorate da riciclare in nome del mondo futuro
più bello e pulito
punito.

Io non ho mai avuto un albergo in parco della vittoria. Riempivo di case i miei vicoli e dei soldi guardavo il colore.

Com'è che mi trovo a parlare un istante di pioggia, un istante di mare, un istante di muffa di morte di giochi di andare?
Non so cosa lega le cose. Me a te. Il mare al vento, alla luna, alla sabbia.
Accendiamo tutte le luci di notte e facciamoci bombardare perchè non si può stare qui ad osservare sfilate di corpi feriti e fangosi annusando l'odore di chiuso e ad ascoltare il piano scordato e il respiro del ragno che vive con noi.