26/11/10

Nel vento

26/11/10
Ho vissuto i luoghi che ho visto, ho amato tutte le donne.
Mi stai dicendo che non sono eterno, che tutti dobbiamo morire. Ma questo lo so.
Altrimenti perchè vivere? Se provassi a catturare il vento, anche tu lo capiresti.

La tappezzeria adesiva che mette tristezza e male s'attacca si stacca dal fondo
intonacato del sepolcro la stella che squilla e squillando scompare nel buio cadente la stella ridente
il destino, non credi anche tu?
Hai smesso, lo so, dal giorno in cui la carrozza t'aspetta in giardino e
non esci più e sei tu
che t'invecchi da sola a colpi di spazzola
razzola il fango razzola ancora e venditi tutto
brucia se vuoi
ma salva il sorriso,
salva il sorriso
diviso deriso indeciso
t'aspetta il domani
le mani non tendi
ti vendi agli ieri sbagliati ai conti tornati che fanno invecchiare
dolci fresche e chiare
le acque che ruppero il giorno che fu sul Mar Rosso
libertà la tribù
libertà la tivù per tutte le madri annoiate
a finestre inchiodate non respirano più
asmatiche ansie come quel dì che ricordo
spiato alla porta e già
ero andato di là.
Mi trattenne lo so
non so se il respiro che amai nel cuscino
il tuo volto bambino ancora mai visto
il destino del volo aquilone,
signore e signore abbiamo il campione!
o fu il vento? Che allora capì è come volare.

A lungo l'ho odiato e adesso capisco il perchè. Cercavo un cappotto che mi difendesse e non lo trovavo.
Poi smessi i miei panni nel vento li ho visti volare il vento ho iniziato ad amare.

Io avrei, puoi giurarci, la voglia di un'altra fortuna
nessuna m'aspetta di là e se chiedo l'ora è soltanto -
e concedimi un ultimo canto in tua compagnia -
perchè so che il cielo è vuoto
ormai.

Guardo il maestrale che ingravida vele spiegate e ti invito vieni con me ancora una volta a volare nel vento per mare?

Treno fantasma

Ti sei accorto di quanti anni abbiamo trascorso smarriti per la la città?
Vagavamo ordinatamente disordinati distonici elettronici
brividi che ci attaversavano e noi
dove stavamo andando?

Dev'essere stato quando hanno cominciato a costruire chiese di cemento. Il lamento come può?
uscire
salire
e aggredire il dolore che aleggia
la nuvola di smog che sbeffeggia fra cattedrali di vetro del secolo breve che mai è finito.
Annusi le mani i cani domani saranno lontani da tane scavate nel fango e tu sai
esattamente con cosa hai pranzato soltanto finchè sei seduto. Non c'è quella luce a vergare santità presunta l'istante fissato del cibo eucaristico
abbuffati, non senti il profumo che viene dalla camera da letto diletto è l'istante in cui varchi la soglia c'è lei che t'aspetta sospetta
lo sai che ormai le parole non servano più.

Che posso fare? se non chiederti scusa, del tempo passato a inseguire quel treno fantasma che è in me?

Se solo potesse smettere di fischiare.
Se solo le sirene i clacson le urla della città potessero coprirne lo sferragliare.
Se solo lo smog che aleggia potesse offuscare l'odore acre dei freni.

Era il 1800.
Per le strade suonavano Mozart bambino con l'organetto
puzzava di piscio e tabacco da pipa il vicoletto indeciso
se scivolare verso la prospettiva o risalire in collina per respirare?
Nel fragore d'albe assopite
spazietite frustranti divertite
m'innamorai.
Il bollitore non c'era la cera si dava e si andava scivolando
pattinando le strade di marmo di casa vecchia, a guardare l'oscuro cortile interno, che mi faceva paura. Laggiù era la terra dei topi.
Ed sono finito ad abitare un piano terra e a far loro compagnia.
Per questo ho voluto un gatto che cacciasse e uccidesse
i miei amici.

Pesca

Gli orfani navigano oceani su violini sfondati scordati spezzati
spazzati da venti autunnali che muoiono in fondo alle valli lontane.

Ci sono coloro che amano l'odio nel modo in cui i pesci abboccano all'amo
ci sono coloro che mettono l'esca e attendono la vanità che fa la sua pesca
funesta la corsa all'oro nell'ora di cena
che pena il futuro che aliena e la classe operaia che fa
quello che vede alla tele e nei varietà e che applaude il ladro e il cantante
e le ballerine che non sanno ballare.

Ci pensi se andassimo ancora a teatro? La sala nel buio imperfetto ti lascia guardare e mischi quel cocktail di porpore e miele
di attori e bandiere e nel buio t'incanti a osservare che fa la regina.
Perchè ti ha guardato?
Hai l'anima nera - ti dice - perchè non mi odiate?
Che ho fatto di male per essere amato?

Perchè il ricordo che abbiamo in comune sono gli anni in cui io passeggiavo con mamma a cercare sull'orlo del mare scrutando tra i sassi a pescare le pietre colorate.
E lì, tutto è iniziato e finito.

19/11/10

Anni dopo

19/11/10
Cosa troverai se tornerai
da molto lontano?
Le tristi risate di fiction tv registrate e metalliche e il suono
bizzarro che fa questa pioggia pesante che cola e non cade.
L'odore di cane bagnato dei tram dirottati su morti binari
sbandati che col temperino s'affilano i denti
perdenti grandiosi ed eroi non esistono più.

Mi troverai qui al bancone del pub
c'è la musica è sempre la stessa c'è il matto che parla e non sa
che ha ragione nessuno lo sta ad ascoltare e lo inghiotte il delirio di un altro cognac.
Il gomito alzato nel gesto di bere
e il nero densoamaro nel bicchiere che sfiora le labbra e ritrae il sapore
ne annuso l'odore tostato
come un'anima nel venitaltore che si rarefà.
Resto qua che quel che ci resta è il bicchiere a mezz'aria e l'attimo
istante che sa di aldilà dilatato
immobile il caos
è un silenzio ovattato di eternità
è la lingua che tocca il bicchiere
è il freddo scordare le nostre chimere
in cambio di birre scolate e sgasate che non sai più bere.

Parentesi (Gli Amanti)

E ci mangiamo i giorni
un blister dopo l'altro.
Dove finiremo rapinando le banche per gioco?
Avvolti nei gusci metallici di auto abbandonate.
La sveglia tra poco suonerà
ed io non mi alzerò.
Possiamo riporre se vuoi i ricordi nel doppio fondo del cassetto dei telecomandi
e accendere sigarette coi fiammiferi di scheggia delle nostre ossa frantumate.
Nella stanza dello squat londinese
c'è il poster di un soldato in Afghanistan
ed anche questo è un segno
dei tempi.
Il refolo d'aria sospeso sul ciglio della finestra
suicida nell'aria aperta che casca sibilando come un vaso od un grattacielo
sei tu giù in strada che pronto a raccoglierlo anche stavolta ti scanserai?
Frattanto ti sei preoccupato
di comprare dell'acqua Vichy
per la festa del tuo battezzando nonnino
tornato dal regno dei morti con l'ultimo shuttle.
Era un vecchio operaio d'altri tempi, ricordo.
Con la tutablu protestava un futuro
nel presente compresso un decollo e volare
nel blu dipinto di blu
scrostato oramai.
Adesso mi dici che canto
il disincanto soltanto dei giorni avvenire
che lodo l'eterno fuggire e il dolore del non ritornare.
Però non lo sai che io e lei
ci cibiamo di grandi poesie che sappiam solo noi
che son piene di eroi affascinanti
le cantiamo ogni sera sul fondo di stelle filanti
lanciate all'insù nel riverbero azzurro del fumo del gas di caldaie che scaldano il cuore
e la notte che muore ogni ora allo sbattere d'ali di palpebre
che fanno esclamare e un po' mi vergogno
"ma come ti guarda"
e mi sembra di vivere un sogno.
Dovrei caricar la pistola, lo so. E guardar sorridendo la canna fumante.
Ma tra un colpo e l'altro
tra un blister e l'altro
mi devi lasciare il tempo di farmi così.
E se il tempo non può contenere ogni cosa
come puoi comandare ch'io riesca a curarle
tra le mie poche righe?
Che sono soltanto piccoli naufragi interstellari.

Non è successo niente

Ti dicono che non è morto nessuno. A macerie fredde e corpi sepelliti.
I figli i nipoti dei morti che restano orfani ancora una volta perchè
non è stato nemmeno stavolta.
Ricordi le bombe in città? Esplodevano eccome; eppure chissà.
Libertà vigilate libertà violentate
il cammino di madre e bambino spezzato e spazzato
in un amen del prete che corre
ma il vescovo copre ed assolve
il politico piange al comizio
il politico ride al telefono.
Ed eccolo il vostro ordine nuovo nel sangue.
Scatta la foto che diventa poster e copre gli annunci dei morti.
In valigia, in cestino, tritolo è sua maestà
dei sudditti neri che cantano ancora eja eja alalà.

C'era il mercato, c'era treno che andava in vacanza,
c'era speranza ed ora che resta? Se non l'arroganza di cicche schiacciate sui volti dei morti?

Spariranno un giorno anche le targhe e le voragini saranno asfaltate ed i morti venduti al bancone
dei supermercati e le bombe di un tempo saranno scordate
sepolti gli eroi dai carnefici lavati del sangue con i detersivi autoblu.

Perchè non dovremmo tirarle anche noi?

09/10/10

Luna

09/10/10
Non pensare
sia facile per me
distrarmi e aspettare e prendere botte
e cotte
le costole rotte mi fanno affannare
è per questo che devo partire.
Affacciato al finestrino
respirare.

Scappo? Può darsi. O soltanto
è un momento che passo di qua
se pensi alle fasi lunari
ed è giusto così.
Di notte dorme la città
in attesa di albe liberatorie e rassicuranti
ingannevoli come lo speaker del mattino e gli sketch alla tivù.
Che ti importa della Luna?
T'affacci ed è lì, poi anche tu
t'acciottoli e dormi e non sai.

Uscivo dai concerti, ieri, anni, una vita fa.
Avevo fame, aspettavo e dormivo in macchina sotto una casa che non era la mia.
Poi sonnambulo vagavo per spiagge deserte. Ricordo l'odore di legna bagnata, il circo cha ha chiuso e abbandona macerie.
E dal troppo guardare la Luna, quelle notti, son diventato lei.

La Luna nascosta
rispunta
c'è un ponte di luce sul mare che puoi calpestare
gettare laggiù le cose pesanti
tornare leggero al tuo letto sognante.

Non devi pensare che questo sia triste. Fa il suo giro e t'aspetta le notti in cui sonno e sogni non bastano più, fino all'alba.

Tre pastiglie

A quel tempo i saggi stavano al banco dell'osteria
da sempre ripetendo, già morti, la litania del carpe diem e a me
non ancora nato e già raccontavano e
parlavano di treni mai presi e mari mai navigati.

Ho avuto tre mal di testa consecutivi
e per ciascuno d'essi una pastiglia da ingoiare.
La prima mi ha portato in verdi oceani ad affondare
e ricordare
d'esserci già stato.
Con la seconda fui sulle rotaie
appesantite di gelo e detriti
e cadaveri dei cercatori d'oro senza gloria del Klondike.
Con la terza mi trovai al banco
dell'osteria
come se, mai nato, mai mi fossi mosso
e raccontavo di mari mai navigati e treni mai presi
ai vecchi saggi nati lì
da sempre
che già sapevano.

Che la poesia non è in fondo
non è stazione
non è abisso
è mare
e rotaia
e banco dell'osteria.

E se le strade non si dipanano
e restano spaghi aggrovigliati
non mi va di aspettare nel freddo
tra quelli che dicono
io sono Qualcosa.

01/10/10

Crepuscolo

01/10/10
Che hanno le strade?
Si sono ritorte, contorte le frasi non so decifrare il segnale che viene da te.
Sotto l'alone del lampione del tuo abbraccio
taccio.
Silenziosamente s'insinua il sapor di un Crodino
è l'aperitivo di un mondo che non mi ubriaca più.
Che intendi fare?
Mi pare di stare lassù nel palchetto
la lirica canta e mi piace ma senza il libretto non riesco a capire
a carpire il segreto, ho il divieto di farmi domande e il timore di darmi risposte
mi voglio fermare ma trovo un divieto di sosta.

La goccia che scivola lenta sulla porcellana
sfavilla un diadema al centro della tua collana.

C'è odore di foglie cadute
di strade perdute.
La nebbia è soltanto un ostacolo ormai
non stellifica più di riflessi argentati istinti fatati
che restano bui.

Piano scordato

C'era un pianoforte, in mezzo alla stanza.
L'ho scordato e non ricordo più come si fa, non so più suonare.
E tu? Ricordi quel vago odore di muffa dolciastra che torturava il tuo naso sempre freddo?
In fondo è lo stesso odore che fa la sabbia in riva al mare, qualche minuto appena, dopo il temporale.

Sei caduto in piedi anche tu, come loro? O, simile a me, ti ritrovi appallottolato ad attendere il mistral che ci scorterà, lentamente, nell'aldilà?

Ci fu un periodo, non molto lontano in cui vagavo, vagavamo, svagati tra i comdomini di piazza dei fiori e ai concerti alle feste dell'unità si sa
che c'era allora attesa spasmodica di un dì da scoprire e aprivamo i nostri giorni
bambini a natale scenario usuale soltanto
una volta all'anno e ci siamo giocati, ogni giorno, i regali di sempre.
Ci resta una scatola vuota e nastri e cartacce colorate da riciclare in nome del mondo futuro
più bello e pulito
punito.

Io non ho mai avuto un albergo in parco della vittoria. Riempivo di case i miei vicoli e dei soldi guardavo il colore.

Com'è che mi trovo a parlare un istante di pioggia, un istante di mare, un istante di muffa di morte di giochi di andare?
Non so cosa lega le cose. Me a te. Il mare al vento, alla luna, alla sabbia.
Accendiamo tutte le luci di notte e facciamoci bombardare perchè non si può stare qui ad osservare sfilate di corpi feriti e fangosi annusando l'odore di chiuso e ad ascoltare il piano scordato e il respiro del ragno che vive con noi.

01/07/10

Mancanze

01/07/10
Non ricordi più,
tu
verofalsa invenzione del poeta, se soltanto ogni tanto rispondessi.
Cosa ci manca, per uscire stasera?
Un po' di soldi, per la benzina
per qualcosa da bere, per qualcosa da fare, per qualcosa,
li abbiamo.
Cosa mi manca, per uscire?

Lo so: i miei difetti sono assai peggio di quel che pensavo. E proprio ai peggiori sono più affezionato.

Questa sera sa di battigia e di spiaggia impolverata.
Mentre penso ad il mare riflesso in due occhi al di là del rosso bicchiere. Tutto sussura e tace.
Nell'afa che s'addensa laggiù la Luna s'arrossa e non stende il suo ponte di luce.
Qualche volta, parlando con te, non parlavo da solo.
Adesso che il polpo s'infossa ed le rane pescatrici non saltano più nel riflesso abbaccinante
stordente riluttante
del sole
lo stilita dall'alto t'osserva tacere.

Se non altro ripeti all'infinito le cose che già so. E mi sembri tacere.

Che cosa mi manca per salpare?
Che cosa ci
manca per fare quel piccolo passo in più
e camminare sull'acqua?
Il peso che porto,
mi fa affondare. La colpa che non so
non posso espiare.

E scrivo di te, di me, di Lui.

20/05/10

Solitario naufragio notturno

20/05/10
La finestra è aperta alle mie spalle
per fumare
il ricciolo d'aria che entra
(ritenta sarai più sfortunato) e la cartina
è troppo confusa per essere chiusa
la strada
non c'è il navigatore sicuro in acque scolpite
scolorite
le vele ammainate
mai nata quassù tra le vedette la speranza d'un urlo:
terra.
Tutto è diverso da cosa
non so. Il mare nel ricciolo d'aria fumosa spumosa è l'odore che fa
rotolandosi in fondo ai polmoni ricondizionati e venduti a metà
dello sforzo annaspo.
Mi sveglio con la bocca impastata e
the times they are a'changin che gira e gira in loop.
Mi sono tuffato quaggiù
dal Titanic post-moderno
mentre ballano e ballano al ritmo d'orchestra che non so seguire
"che importa se non sai ballare"
"che importa se sai affondare" mi dicono.
Non voglio arrivare
è tutto qua:
nel mare. Non sento le note non posso ballare.
Se nuoto
mentre nuoto mi sento
ammutinato nel buio.
Mi sento.
La mia mano esiste soltanto
se sta nella tua.

04/05/10

Puzzle

04/05/10
Cadendo capisco
carpisco l'essenza dell'aria
l'assenza di peso nel vuoto.

Nel volo sfumato misuro a bracciate
nuotate scoordinate
nel mare d'un tempo
passato a toccare materia che non so per quale motivo non si solidifica attorno al mio corpo.
Un giorno un puzzule Van Gogh che incompleto cade e sparge le tessere sul pavimento buio non è vaticino o chissà nemmeno il destino se non ci sai credere.
Quel giorno non era lontano se guardo all'insù
se tendo la mano le posso toccare
le tessere
elettorali piene di timbi scoloriti come i passaporti e le dogane che ho passato per arrivare fin qui attraverso la sabbia che scivola e pizzica e non solidifica se non nell'istante d'un incontro fortuito e poi torna a volare lontano è quel grano di polvere ripassato di qui ieri, una vita fa.

C'è un semaforo verde, signora che fa? Aspetto il colore che mi piace.

15/04/10

Le cose che contano

15/04/10
Sono quelle che non sai
sono quelle che troverai
dietro di te.
Il caffelatte
le malefatte da bambini
le tue soffitte impolverate di ricordi dolorosi
le lische di pesce sulla spiaggia deserta
le lenzuola stropicciate
le polaroid dei tuoi passi
la coperta rossa
la focaccia a colazione
il rosmarino in giardino
un giradischi che funziona
un berretto quando hai freddo
una nuotata quando hai caldo
una strada per andare
le lampadine
le patatine fritte e il gelato sul divano
le canzoni che non ricordi eppure sai
il buio
le scarpe comode
una vetrina illuminata
una moneta lanciata nella fontana
il tuo sguardo oltre il bicchiere
il silenzio
i sogni in cantiere.

Materasso sul pavimento

Ho mangiato troppo tonno andato a male
non ho mai assagiato caviale
ricordo quando distribuivamo disagi esistenziali
gratis, ai caselli autostradali quando c'erano gli eserciti dei casellanti prepensionati.
Ora metteri il materasso sul pavimento (impolverato)
la stanza vuota ti sembra fredda
ma non ti accorgi semplicemente che non si scalda.
C'è un momento interessante che non capisco quando arriva, mai.
E non so non saprò mai quando arrivi e quanto stai.
Vieni con me a bere uno spritz in riva al mare
faccio finta di essere vip non lo so fare
naturalmente voglio invecchiare o morir giovane
e contare i giorni coi regoli colorati giocare a fare sproporzionati
incidenti stradali al tempo in cui non c'erano gli airbag
vieni a vivere con me?
In quel tempo lì, posso aspettare una risposta fino a lunedì
che dai weekend son disgustato
nella mia camera lobotomizzato
c'è un materasso sul pavimento (impolverato) c'è un accendino
solo un momento di buonumore c'è un bel tepore sotto al piumone
non voglio uscire.
E le piastrelle gelate sotto ai piedi nudi è un attimo svegliarsi come morire
non puoi pensare non puoi reagire.
Le voci di altre stanze i disavanzi esistenziali dentro alle calze e lungo i fari delle tangenziali
sono escrescenze putrescenti sono cadaveri stupefacenti
per non rischiare di calpestarle
galleggio piano ti do la mano.
e se là fuori hanno perso il piacere della semplicità
lo ritroviamo fischiettandoci un abbraccio
e finalmente tacerò le mie complessità
i tuoi complessi voleranno via da qua.
Vieni a vivere con me non sono un vip
ma già da tempo ho un materasso sul pavimento (impolverato).

06/04/10

Ieri nevicava

06/04/10
Cadono fiocchi di neve ingiallita su case scrostate di fango e virtù
la vedi anche tu che si attacca ai bottoni dei miei vestiti investiti dal gelo improvviso del vento
c'è un canto
non sento e mi pento di essere sordo ad ogni avvertimento del tempo passato.
Ci fu
un giorno fa nel disciolersi uggioso del primo mattino
un velo di polvere e so
che non riesco a svelarlo.

Di case mattoni di fango ce n'è in quantità
industriale mondiale globale
nel globalizzato domani che cade quaggiù
inesorabile come le pubblicità alla tv
condominiale.
Di case abitate da me
inventate di carta castelli volanti ce n'è così tanti che il cielo dei sogni è intasato
strato su strato di smog
onirico smog dei sogni buttati
lassù a ingiallire persino le nubi e la neve che cade e si scioglie.

Perchè non mi dai più del tu?
Un tempo andavamo lontano scalciando i pedali
e arrampicavamo i cavalcavia autostradali nei giorni di festa parastatali
le motociclette sudate magliette strappate
mattine d'inverno imbiancate ed ora ingiallite
le foto sgualcite sfinite.

Se ti fai causa da solo e poi piangi te stesso lo stesso sei causa di tutti i tuoi mali sociali
quintali di cose che ingombrano case e le chiese di legno non si aprono più solamente per te che dai fuoco su altari a lattine di birra pisciate sul fondo di auto modello moderno dell'autodafè.

I treni riposano i cani si sposano le macchine stanno a guardarsi le ruote bucate.
E noi che una volta soltanto ci siamo sposati
scambiandoci l'anello bianco della sprite
consumiamo il viaggio di nozze ingiallendo le nostre settimane bianche.

12/02/10

Attesa lunare

12/02/10

Sai stavo pensando d'aspettarti ancora un po'
nel buio fuori e dentro l'appartamento affittato in nero sovrappensiero
stavo pensando di dormire un po' all'ombra di un treno in ritardo da sempre
settembre m'attende al di là del binario arrugginito
del passaggio a livello
successivo eccessivo decisivo per quel che sarà
al di là di qual'è la strada: dipende
da dove desideri andare.

Quando tornai dentro me dopo la passeggiata
la luna oscurata e stempiata
invecchiata da sé nel novilunio invernale
non c'eri se non al di là del tondo del mappamondo.
Ricordo il mio dito solcare lo strato di polvere rossa
e tracciare le rotte condotto alla luce del buio lunare
ancestrale e solo laggiù ti trovai.

È qui che nel cono del buio d'eclissi mi assale
e t'aspetto tornando da me al di là del passaggio a livello
perduto non posso aspettare game over
ma esco fuggendo e tornando da me
è qua che ti riaspetterò.

07/01/10

New Year (happy?)

07/01/10
E mentre scivoli via
dal letto sfatto mi rifugio nel solco caldo delle tue gambe.

Nel buio di una stanza la spia cieca d'un antifurto che non va è la paura d'un ingresso clandestino
d'un destino che non sai che ti sorprende
che ti offende
ti difende da futuri più probabili che non fanno più paura.
Vola via la stella cometa dal riflesso ondeggiante dello schermo tv ai nostri piedi catodici tubi di dentifrici per sorrisi spenti scadenti maleodoranti
di carne rancida e caffè americano
diluito sbiadito.
E là m'aggrappo allo sfaldarsi delle stelle che si sciolgono gocce di ceralacca che sigilla
avvisi di garanzia, avvisi di polizia, avvisi di pulizia
d'un mondo che si ciba dell'allegria
di cancelli chiusi di luci soffuse di attestati di stima confusi.
L'allegria dei cancelli chiusi...
Delle centrali d'acciaio come bombe
dei politici sulle tombe
condominiali
delle pre-programmazioni emozionali
delle campagne elettorali.

Senza divise senza bandiere senza barriere carriere chimere
senza allegria di questo mondo
scivoli via.

E nel buio della stanza mi rifugio come piede nella calza
nel solco caldo delle tue gambe.